domenica 24 gennaio 2010

Mr. Tales Coffee – quinta puntata



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Quando vidi attraverso il vetro sporco, dall’interno della stazione di servizio, l’ultima delle diciotto ruote finire di mordere l’asfalto e uno sbuffo di aria compressa e polvere dal camion spazzare le pompe del gasolio, mi parve di rivivere un malato dejà-vu.

Qualcosa di molto, ma molto familiare, come un ricordo tormentoso, sopraffece le mie narici.
Un secondo dopo avevo già realizzato che il rifugio sicuro di quegli ultimi cinque anni trascorsi alla gas station era sfumato come i colori in un acquerello di ninfee.

La guerra stava per ricominciare, e stavolta sarebbe stata spietata.

L’aroma inconfondibile dei miei fatidici calzini quattro-stagioni si sprigionava, come una nemesi, da sotto il pianale di quel camion in sosta sul piazzale.

Su questo non c’era alcun dubbio: la puzza, dopo cinque anni di stagionatura, si percepiva ormai chiaramente a diverse miglia di distanza.

La sorte aveva deciso di farli tornare al mittente, i miei calzini. E con essi, sarebbero arrivati a breve, come una ricevuta di ritorno, anche Sym, Sala e Bim, i tre killers prezzolati sguinzagliati inesorabilmente sulle mie tracce per tutti gli States. Certa gente non dimentica. E soprattutto non perdona.

Io nemmeno.

Indossai ancora una volta il mio ineffabile, ma ormai alquanto logoro, travestimento da albino, pur presentendo che questa volta non sarebbe bastato a salvarmi i cosiddetti.

Mi decisi, e uscii nel piazzale, allo scoperto, sotto il sole rovente della Louisiana, o almeno credo.

La geografia non è il mio forte.

Mi avvicinai lentamente al camion, con passo circospetto. Il mio infallibile fiuto mi suggeriva di stare all’erta. Se fossi finito sottovento alla puzza sarei potuto stramazzare stecchito al suolo.

Guardai nella cabina. Il tipo non si vedeva. Era già uscito senza che me ne accorgessi, o si era rintanato all’interno?

Chi era il misterioso autista? Che intenzioni aveva? A che gioco stava giocando?

“Cucùsèttete!!!” gridò lui, piombandomi alle spalle.


Dopo essere caduti entrambi rovinosamente a terra e aver rotolato per una cinquantina di metri abbracciati l’un l’altro, ruzzolando da un capo all’altro della statale tra le auto strombazzanti che ci evitarono per miracolo, e dopo aver sbattuto contro un trampolino da acrobata gettato casualmente tra la spazzatura, addossato al muro, e quindi, dopo essere rimbalzati, rotolando in senso opposto attraverso la statale e finalmente ritornati sul piazzale della stazione di servizio, riuscii a balzare agilmente in piedi e riconobbi subito il mio misterioso assalitore.

Puff!

L’ineffabile travestimento da albino doveva aver perso un po’ del suo originario candore, perché Bud, detto Buddy, l’improbabile e dimenticato fratello di Stan, mi aveva riconosciuto al volo!
Miles!!!” gridò infatti sorridente, saltellandomi intorno tutto contento.

Come potevo essermi dimenticato di lui! Eppure è grande e grosso come un armadio quattro stagioni, e anche di più! E’ certo un tipo che non passa inosservato!

Quanto Stan era stato esile, piccolo, nervoso e letale (era il terrore dei pesci gatto!), così Bud,il suo fratellino, era invece enorme, nerboruto e pacifico. Mi ricordava un po’ Nat il benzinaio ai tempi del suo fervore non-violento religioso, prima che mi avesse fatto saltare via un dente. Solo che Bud era molto, ma moooolto più grande e robusto.

Miles, vecchio paraninfo!” mi apostrofò “Che ci fai in una stazione di servizio? Ed il nostro fruttifero podere vinario? Scommetto che ci lasci sgamellare mio fratello tutto solo, nevvero? Orsù, sei un po’ pallido vedo! Sarà colpa del benzene nella benzina! E come sta il mio adorabile fratello Stan? Eh?… Come sta?…”

Bud era un tipo così , parlava strano, e prima io non lo capivo.Però poi mi c’ero abituato. Anche per questo l’avevo alfin dimenticato.

Mentre mi tornava alla mente una vecchia canzone, avevo realizzato in un solo istante tre grandi verità:


La prima: era ora di smettere definitivamente il mio ineffabile travestimento da albino. Sembrare solamente un po’ pallido non era il target giusto, non sarebbe servito certamente ad evitare il trio Sym Sala Bim. Quindi me lo tolsi subito con un po’ di crema detergente ed un batuffolo di ovatta anallergica che tenevo nella tasca posteriore dei pantaloni. Bud, alla vista del mio solito incarnato, ne fu subito sollevato.

La seconda era l’impellente necessità di far sparire i miei calzini quattro-stagioni con la loro mefitica traccia odorosa al più presto!

La terza, e che avrei dovuto addossarmi l’ingrato compito di raccontare la prematura scomparsa di Stan a Buddy, con la dovuta delicatezza necessaria per non scioccare il suo disarmonico animo sensibile.

“Bud” gli chiesi a bruciapelo “Che ne diresti di cambiare completamente tipo di vita?”

“In che senso Miles?” mi domandò incuriosito.

“Lanciare alle ortiche il tuo vecchio lavoro, il camion nuovo, tutto l’elenco dei clienti affezionati che ti sei faticosamente procacciato nel corso degli ultimi trent’anni di duro lavoro, e abbracciare una nuova Fede: diventare il mio socio!”

Non so perché articolai quella frase, ma in quel momento mi sembrava la cosa più intelligente da dire.

Wow!” si mise a urlare “Mi stai chiedendo di diventare socio tuo e di Stan, Miles?… Per santa Tiche! Non posso crederci! Che suprema felicità!!! Che allegria!!!… Ma subito!!!!”

Di andare a recuperare i calzini stagionati da sotto il pianale non se ne parlava proprio. Le maschere antigas erano finite dal tempo degli ultimi saldi di Natale.

Feci l’unica cosa da fare, l’unica, veramente intelligente, per eliminare nel giro di pochi istanti quella funesta traccia odorosa che avrebbe attratto inesorabilmente il trio Houdini in prossimità del mio retrotreno:

Dare fuoco al camion e a tutta la stazione di servizio.

Il vecchio otto cilindri della mia fida Chevy, ritornata nella vivida luce del giorno dall’ovattato oscuro rifugio del garage di Nat il benzinaio, pace all’anima sua, prese subito a fare le fusa sotto il cofano rosso fuoco allietato da sobri adesivi giallo, nero e arancio raffiguranti le fiamme dell’inferno e qualche diavolo armato di forcone.

La discrezione è importante, e la classe non è acqua.

Pigiai finalmente il piede sull’acceleratore. Al mio fianco il fido Bud, nuovo socio in affari e imperituro alleato, sorrideva beato; alle nostre spalle il camion di Buddy, la vecchia cara stazione di servizio di Nat e mezzo isolato di New Orleans oscuravano il sole torrido della Louisiana con il loro denso fumo nero.

Ad un certo punto udimmo un gran botto: i serbatoi di benzina erano esplosi. Il gasolio invece se ne bruciava in silenzio, tutto tranquillo.

Come non pensare alla celebre frase del film di Francis Ford Coppola, “Odore di napalm, odore di vittoria”!

La colonna di fumo si allontanava all’orizzonte, mentre le sirene della polizia e dei vigili del fuoco laceravano l’aria.

Si trattava ora di dire solo due paroline a Buddy… 

Due paroline ben dette, sul conto della tragica fine del suo beneamato fratello Stan.

Decisi che la cosa andava presa molto, molto alla lontana. Ci vuole un gran tatto in certe cose.

“Ricordi…” cominciai a dire “…quanto Stan, quando era ancora vivo, adorava mangiare i pesci-gatto?”

Bud spalancò gli occhi, annuì, e continuò a sorridere e guardare fisso avanti a sé, e non rispose.

“Beh…” gli dissi “Ha saputo ricambiargli il favore.”

“ Wow! Forte!… In che senso Miles?”

Guardai Buddy con la coda dell’occhio, mentre imboccavo l’autostrada a più di centoventi miglia orarie.

Si era girato verso di me e sorrideva ancora.

Capii che sarebbe stata dura. Molto dura.


(Continua...   ... chi indovina la canzone sopra accennata?)
(Risposta: .... l'ha indovinata GUERNICA, del bellissimo blog "L'ultima Dea")
Grazie di seguirmi! :)

______________________________________________-

Nota: l'immagine in copertina è tratta da:
http://pigscantfly.files.wordpress.com/2008/07/apocalypse-now_01.jpg

 

mercoledì 20 gennaio 2010

Mr. Tales Coffee – quarta puntata


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Quarta puntata:


Ricomincia da qua. E in effetti non ci avevo ancora pensato a questa storia, o meglio, forse ne avevo solo perso il filo, come quando si sta per dire una frase, e all’improvviso ti accorgi che non sai a cosa stavi pensando. A te succede? A me sì un sacco di volte, specialmente quando sono nella corsia di sorpasso.


Sto per dire, che so: “Quant’è bella giovinezza…” e la frase, soggetto, verbo e complemento oggetto, se ne fugge tuttavia, e mi tocca già quasi rientrare nella corsia dei mezzi pesanti, perché un altro bestione è ormai fumato.


Lampeggia, per dirmi: “Mi hai passato fratello con i tuoi 800 cavalli turbo-fiammeggianti, puoi rientrare a destra senza rischiare di portarmi via mezza cabina, con i miei annessi e connessi. Io continuo per la mia strada al mio solito passo, tu vai, vai… Sniff… snuff…  Evvai!!! Accelera!!! Mòvete!!! Ma quanto puzzi!!!”


Chissà perché puzza tanto il mio camion???


Mi ero depresso durante il sorpasso, che fesso! Per via della puzza! Pesto sull’acceleratore mestamente, il turbo va di nuovo a regime, ed il triste fratello della strada scompare lentamente nei retrovisori, diventa un puntino sulla scia d’asfalto, liquida di riflessi sotto il sole abbagliante, e poi più nulla. Amaro destino…


Stavo dicendo?…


Ah sì, devo fermarmi a fare gasolio, su questa fottuta statale che ormai mi ha portato qui, a New Orleans.
C’è un distributore, con la scritta: Miles Gas Station”. Mi fermerò lì.


VROOOOUUUUUUMMMMMMMM…

Ciao! Sono Miles.


Vi ricordate di me? E della eccentrica fine del mio amico, socio e vecchio Stan?


Provò a bere settanta ettolitri di ottimo Cabernet Sauvignon da noi abilmente prodotto nell’annata… Non me la ricordo più l’annata, appartiene al passato ormai. Sono trascorsi ben cinque lunghi anni da allora. Lui non ce la fece, il vino forse conteneva troppo antigelo, o forse semplicemente era molto. Fatto sta che morì.


Dispersi io personalmente le sue ceneri, o forse sarebbe più corretto dire una fattispecie di un suo macinato grosso, nel miglior stagno da pesce gatto in cui aveva mai pescato quando respirava.


La sua prematura scomparsa… era meglio non facesse troppo scalpore in giro, soprattutto alla Polizia, e poi lui era un tipo solitario. Così andò per il meglio e lui ne fu contento.


Al mondo non aveva nessuno, proprio nessuno. Povero Stan!


Tranne me.




Avrei voluto vendicare la sua morte, ed il mezzo ci sarebbe anche stato, ma non avevo denaro sufficiente per questo signor mezzo che di nome faceva Tales, e per intero Tales Coffee.


Trovai un rifugio sicuro presso il religiosissimo Nat, il benzinaio, che, in seguito all’improvvisa sua conversione all’ateismo spirò di un colpo apoplettico senza nemmeno fare in tempo a dire amen, dopo avermi gonfiato di botte e assunto amorevolmente come lavamacchine.


Dopo la sua dipartita mandai avanti io tutta la baracca.


Qualcuno doveva pur farlo.


Grazie al mio ineffabile travestimento da albino, sfuggii ai tre killers prezzolati Sym Ballett, Mino Sala, e Joe Bim, che volevano la mia testa. Non riuscendo a trovarmi cominciarono a girovagare per gli States, fiutando le mie tracce. Questo perché avevo nascosto i miei famosi calzini quattro-stagioni sotto il rimorchio di un camion misterioso diretto a Pensacòla. Loro lo seguirono. Non li ho mai più rivisti da allora.


…VROOOOUUUUUUMMMMMMMM…

Stavo dicendo?…
Ah! Ecco cosa stavo dicendo: “Quasi quasi, ora che sono arrivato a New Orleans, faccio un salto a trovare il mio vecchio fratellone Stan! E il suo inseparabile socio Miles! Non li vedrò… non li vedrò da almeno tre mesi! O saranno cinque? O forse…
Boh! Ne approfitterò per farmi una bella bevuta! Il loro vino è così buono, ma così buono che mi ricorda la gazzosa col cherry brandy che ci preparava sempre la nonna a colazione…”


…VROOOOUUUUUUMMMMMMMM…

(Continua… ???)




L’immagine è tratta da: http://morystar.com/images/product/1240299888American_truck.JPG

martedì 12 gennaio 2010

Dialogo in una notte di luna



Bisogna afferrare il Sogno quand’esso ti fa le sue rivelazioni. Non lasciarle disperdere, per condurle con sé, a forza, nel regno dei desti.





PROLOGO

INTERNO DI UNA CAPANNA, UN FUOCO E’ ACCESO SULLA NUDA TERRA, CI SONO, VICINI TRA DI LORO IN UN ANGOLO POCO ILLUMINATO, UN TOPO ACCUCCIATO, ED UN AIRONE CHE SI RIPOSA SU UNA SOLA ZAMPA, .
MILO E BERNARD SONO SEDUTI A TERRA DAVANTI AL FUOCO, CHE E’, IN QUELL’AMBIENTE, L’UNICA FONTE DI LUCE.


MILO, GUARDANDOSI INTORNO STUPITO:    “Io non dovrei essere qui.”

BERNARD:     “Sei tu ad essere venuto.”

M    “Ah sì? Non lo ricordo.”

B    “Dimentichi molte cose di solito, non è vero?”

M    “Sì.”

(silenzio)

M    “E’ così che è… Dopo?”

B    “Dopo? No. Qui non è dopo. E’ ora.”

M    “Io non sono mai stato qui prima. Non è reale.”

B    “Forse. Non in quel senso, se vuoi.”

M    “E’ sempre buio, qui?”

B    “Solo quando è notte.”

M    “Ah già. Che stupido!”

B    “Già. E poi questo non è buio, è penombra.”

M    “Puoi uscire di qui? Esiste un ‘fuori‘?”

B    “Sì. C’è tutto un Mondo qui fuori. E posso uscire quando voglio. Qui tutto è mio.”

M    “Sei da solo? Voglio dire…”

Milo dà una fuggevole occhiata all’Airone e al Topo, attenti e immobili poco distanti.

M    “Ci sono altre persone?”

B    “Sono sempre da solo, tranne quando arrivano i visitatori.”

M    “Come me?”

B    “Come te.”

M    “E ti piace quando arrivano?”

B    “A volte sì.”

(silenzio)

M    “Quindi io sarei qui per mia volontà?”

B    “A quanto pare mi hai cercato.”

M    “Sì, è vero. E’ da tempo. Anche se non ho mai saputo bene il perché.”

B    “Non chiederlo a me. Questo non posso saperlo.”

M    Ma è così per tutti? Ognuno ha un mondo tutto per sé?”

B    “Anche su questo non posso darti risposta. A me è toccato. Ho un Mondo per me.”

M    “E… C’è il mare?”

B    “E’ un po’ differente da come lo immagini. Però sì. C’è il mare.”

(silenzio)

B    “Non ti pare logico?”

M    “Sì… In che senso è ‘differente’?”

B    E’ fatto di Psiche. Psiche liquida e cristallina. Si agita o si calma senza l’azione del vento.”

M    “Non c’è mai vento qui?”

B    “C’è. Ma non è la causa dello stato del mare. E’ la sua conseguenza.”


M    “Difficile da immaginare.”

B    “Se vuoi.”

(silenzio)

M    “Davvero puoi uscire da questa capanna quando lo desideri?”

B    “Perché dovrei mentirti?”

M    “Perché non usciamo adesso?”

B    “E perché no?”



ATTO UNICO

FUORI.
STELLE. LUNA. SPIAGGIA. RISACCA.
MILO E BERNARD RESTANO IN SILENZIO A LUNGO, STANDO IN PIEDI DAVANTI AL MARE CHE FRANGE FRAGOROSAMENTE.

M    “Mi chiedevo…”

B    “Dimmi.”

M    “E’ lo stesso cielo che guardo ogni notte? Sembrerebbe di sì, all’apparenza.”

B    “E’ perfettamente identico ma non lo stesso, se ti serve il saperlo.”

M    “Un cielo gemello?”

B    “Chiamalo pure così. Sono tutti parte della Creazione.”

M    “Ah! Esiste dunque un Dio Creatore?”

B    “Noi uomini abbiamo creato gli Dei perché siamo soggetti alla nascita e alla morte.
Per noi quindi è logico pensare che ci sia un progenitore per qualsiasi cosa. Un essere che ci ha dato la vita, e che abbia creato  l’Universo che è sotto i nostri occhi.
Se fossimo immortali ci verrebbe più naturale credere a ciò che semplicemente vediamo: l’Universo. Nient’altro.
Se noi fossimo immortali sarebbe molto più logico pensare che Esso sia sempre esistito, piuttosto che pensare ad un Suo creatore misterioso, nascosto ed immortale che ad un certo punto abbia deciso di crearlo.”

M    “Ma noi non siamo immortali!”    

B    “Già, ma solo per questo fatto l’Universo dovrebbe forse dipendere dal nostro punto di vista? Dovrebbe essere costretto ad avere un padre o una madre proprio come noi?”

M    “Ma generazione e creazione sono due cose molto differenti.”

B    “Sono solo due modi di vedere lo stesso concetto. Uno è stato affibbiato alla natura, l’altro all’idea di Dio.”

M    “E perché l‘Universo non dovrebbe avere un Creatore?”

B    “Perché è molto più semplice e logico pensare che Eterno ed Infinito sia l’Universo stesso, che vediamo, piuttosto che un Essere non ben identificato e nascosto che l’abbia creato.
E se volessimo pensare necessario un Creatore dell’Universo, perché non ritenere necessario anche un Creatore di Dio?"

M    “Ma questo è una classica conseguenza del rasoio di Occam!
Non credi in Dio, ho capito.
Ma se non credi in un Dio perché mi parli dell’Universo come Creazione?"

B    “Perché tutti noi ne facciamo parte. E contribuiamo alla Sua esistenza. Contribuiamo noi alla Sua Creazione.”


M    “Noi chi? Gli uomini della Terra?”

B    “Gli uomini della Terra e tutte le infinite specie pensanti dell’Universo.”

M    “Tu mi confondi. Allora secondo te esistono gli extraterrestri, gli ufo, i dischi volanti?”

B    “Infatti sei confuso. Io non ho parlato di ufo e dischi volanti. Ho parlato di infinite specie pensanti dell’Universo. Terrestri ed extraterrestri, se ti piace definirle da un punto di vista così limitato e soggettivo.”

M    “Fammi capire…”

B    Esistono infinite forme di vita pensanti nell’Universo Infinito, ma esse costituiscono una Sua rarissima ECCEZIONE. Affinché si formi la Vita ed il Pensiero devono accadere cose straordinarie nella normale routine dell’Universo. Accadimenti davvero eccezionali. Casualità rarissime, decisamente improbabili. Però accadono, e vi si forma la Vita, e a volte il Pensiero. Ed il Pensiero, questa meravigliosa eccezione costituisce lo SPIRITO dell’Universo stesso.

M    “Ma… hai detto infinite forme di Vita, e poi hai detto rarissime, solo eccezioni improbabili. Non ti stai contraddicendo?”

B    “Eccezioni rarissime, dicevo, e al tempo stesso infinite, un po'come i numeri primi: 2,3,5,7,11,13,17,19,23,29,31,37,ecc: che rarissimi non sono a dire il vero, ma sono comunque POCHI rispetto alla totalità dei numeri esistenti, eppure sono anch'essi INFINITI! In un Universo Infinito le Eccezioni sono necessariamente infinite.”

M    “Sembra un paradosso!”

B    “Ma non lo è. E’ molto logico, invece.”

M    “Mi sembra di capire dove vuoi arrivare… Esistono gli extraterrestri, ma non gli UFO non è vero?…”

B    “Certo, proprio per l’eccezionale rarità di queste eccezioni, lo spazio che le divide è semplicemente incommensurabile… Esse non si incontreranno MAI!”

M    “Sono così grandi le distanze che ci separano?”

B    “Incommensurabili, come ti ho detto. La possibilità che si formi la vita è infinitesima in un Universo Eterno ed Infinito”

M    Ma il Big-Bang e i limiti teorici dell’Universo allora sarebbero tutte frottole?”

B    “Non lo sono per il nostro Universo. Ma c’è un fatto… Sappi che esistono infiniti Universi. Alcuni diversissimi dal nostro, altri perfettamente identici, altri somiglianti… ce n’è una varietà infinita!”


M    “Qui bisogna capire cosa tu intenda per Universo, a questo punto.”

B    “Hai ragione, sono stato ambiguo. Cambiamogli nome allora, per distinguerli. Chiameremo da ora Multiverso l’Universo Eterno ed Infinito costituito da infiniti Universi.”

M    “Multiverso.”

B    “Sì, è più semplice. Il Multiverso è la Creazione a cui partecipano tutte le sue infinite eccezioni. Tra cui anche noi. Tutti i ‘numeri primi‘ insomma.”

M    “E in che modo possono partecipare alla Creazione queste sue forme di Vita?”

B    “Le forme di vita pensanti fanno parte della Creazione, ma facendo parte di Essa contribuiscono a mantenerla  DIVERSA.
Se si  spengono, si spegne una parte di Essa.

M    “Cioè quando muoiono?”

B    “No. La morte naturale fa parte della Creazione stessa e viene rimpiazzata dalla Nascita di nuove creature pensanti.
Se 'si spengono' dicevo mentre sono in vita, nel senso del vuoto del Pensiero, delle Azioni e del Sentire, dell'Amore, non solo fanno del male a sé stessi, ma a tutta la Creazione, che diventa più brutta e più nera. Al contrario se il Pensiero, unito alle Azioni, al Sentire e all’Amore di ogni singolo essere pensante brillano intensamente, allora anche il Multiverso stesso diventa più bello e luminoso. Il Bene o il Male dipendono da questo.”

M    “In questo senso noi partecipiamo dunque alla Creazione?”

B    “Sì, ed è un compito ed una responsabilità non da poco.”

M    “L’universo stesso, cioè il Multiverso dipenderebbe quindi da noi?”

B    “Da noi e dalle altre infinite forme di Vita Pensante del Multiverso, che ne rappresentano lo Spirito, la stessa Essenza. Il Multiverso infinito esiste grazie alle sue infinitesime, rarissime eppure infinite Eccezioni. Senza di esse, non esisterebbe nemmeno.”


M    “Questo è assurdo! Come non esisterebbe?”

B    “Se non esistessero queste rarissime infinite Eccezioni, queste Vite Pensanti, nessuno sarebbe consapevole della sua esistenza. Cesserebbe di esistere.”

M    “Nel senso che sarebbe un Multiverso morto, privo di Vita?”

B    “Se vuoi, ma se ci pensi bene, Lui esiste solo perché si interroga, perché è dotato di autoconsapevolezza. Questa Sua autoconsapevolezza è determinata solo dalle nostre esistenze.”


M    “Nostre e di tutti gli altri esseri pensanti?”

B    “Sì, nostre. Di tutti gli infiniti seppur rarissimi esseri pensanti del Multiverso.”

M    “E’ una bella responsabilità!”

B    “Certo! Per esempio se si uccide una Vita Pensante si commette un crimine nei confronti del Multiverso stesso. Si pone termine prematuramente alla sua esistenza e quindi alla sua Potenzialità. Questo è un crimine nei confronti della Creazione.”

M    “Potenzialità?”    

B    “Tutto ciò che avrebbe potuto pensare, fare, sentire e amare nel corso della sua vita naturale. Quello che sarebbe stato il suo contributo alla Creazione. Uccidendolo, si priva il Multiverso del contributo particolare che quell’essere pensante morto prematuramente avrebbe invece potuto dare.”


M    “Sulla Terra siamo noi uomini i soli Esseri Pensanti?”

B    “Gli animali sulla terra, con i loro piccoli pensieri e sentimenti, partecipano anch’essi alla Creazione. Quindi vanno rispettati.”

M    “Quindi non dovrebbero essere uccisi e mangiati?.”

B    “Il leone uccide e divora le sue prede. Non potrebbe fare altrimenti, morirebbe a sua volta di fame.”

M    “E l’uomo quindi? Può cibarsi della loro carne?”

B    “Se l’uomo se ne privasse morirebbe di fame?”

M    “No.”

B    “Ti sei risposto da solo.”

M    “Voglio farti una domanda.”

B    “Proverò a risponderti.”

M    “Esiste la Vita dopo la Morte?”

B    “Per il singolo Essere Pensante?”

M    “Sì! Voglio dire, sopravviverò alla mia morte?”

B    “La Morte è il contrario della Vita. Difficilmente potrebbero coesistere. Perché complicarsi l’esistenza con teorie improbabili?”

M    “Per comportarsi meglio in Vita?”    

B    “Non c’è bisogno dello spauracchio dell’Inferno cristiano o di altri luoghi terribili per convincere un Essere Pensante a partecipare alla Creazione anelando al Bene. Chi vuole il Bene lo persegue, chi preferisce il Male lo commette comunque. La Storia della nostra Terra lo ha insegnato.”

M    “Francamente… Ma se non esiste la Vita dopo la Morte, com’è possibile che stiamo qua a parlarci? Tu sei morto da più di quindici anni. Perché mi parli in una notte di luna in un Mondo che sostieni ti appartenga?”

B    “Perché il tuo, semplicemente, è un sogno.” 

 



(Vabbé, è sempre meglio di 42... O no?)  O_O




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